L’impegno della Caritas diocesana accanto alle donne vittime di violenza

La Chiesa diocesana, attraverso la Caritas, accanto alle donne vulnerabili, vittime di diverse forme di violenza, sfruttamento, tratta. Un impegno che «non si ferma nemmeno in tempo di Covid – spiega il direttore della Caritas diocesana don Marco Lai – in cui continua lo scandalo dello sfruttamento sessuale sia nelle strade che nelle abitazioni, così come quello della violenza domestica. Anche durante il periodo del “lockdown” siamo riusciti a garantire a queste donne, così come agli altri bisognosi, il supporto per alimenti e alloggio. Resta la necessità di una cultura nuova, in cui queste donne siano tutelate e possano intraprendere percorsi reali di inclusione».

Da anni sono attivi lo Sportello di ascolto e l’Unità di strada anti-tratta della Caritas: «Attualmente – spiega la referente Simona Murtas -, la prostituzione nelle strade è molto ridotta, perché essa si è spostata al chiuso e on line, aumentando la vulnerabilità delle donne sfruttate, aggravata dall’esposizione al virus: esse sono meno visibili agli operatori e alle realtà anti-tratta e più difficilmente possono essere avvicinate e aiutate nei percorsi di fuoriuscita dallo sfruttamento. Il nostro intervento continua a essere lo stesso: cerchiamo di renderle più consapevoli, le sosteniamo anche con aiuti materiali, rafforzando il rapporto di conoscenza per aiutarle a uscire dalla strada».

A questi servizi continuativi, dal febbraio 2020 si è aggiunto il progetto regionale di durata annuale “Le Fenici”, destinato in modo specifico alle donne vittime di violenza domestica, che vede impegnata la Caritas diocesana – attraverso il suo braccio operativo Fondazione Caritas San Saturnino -, insieme ad altre realtà in ambito sociale e formativo tra cui il Centro di accoglienza San Vincenzo e l’agenzia formativa Iannas. «Il progetto – spiega la Murtas, impegnata nel coordinamento e nel supporto psicologico – risponde all’appello di Papa Francesco a non ignorare il grido delle donne vittime di violenza e maltrattamento, ma a proteggerle e ascoltarle, offrendo gesti concreti che aprano la strada all’emancipazione. La violenza e il maltrattamento fisico e psicologico minano profondamente l’ autostima e la consapevolezza di sé: hanno la necessità di essere ascoltate, supportate nell’acquisizione della propria autonomia». Cinque le beneficiarie, tre delle quali con figli, seguite da un’équipe multidisciplinare; alcune di loro hanno già fatto un percorso nella Casa Padre Sergio, gestita dal Centro di accoglienza San Vincenzo: «Arrivano da noi distrutte, dopo aver avuto il coraggio di denunciare il loro aguzzino – spiega Suor Anna Cogoni, referente del Centro -: piano piano riprendono in mano la loro vita, riconquistano fiducia in se stesse, grazie a un percorso psicologico e al sostegno alla genitorialità. Le aiutiamo a non avere paura, a camminare sulle loro gambe: per loro questo progetto è un punto di lancio, la possibilità di emanciparsi come donne e madri, di essere autonome».

L’obiettivo è l’inserimento abitativo e lavorativo; le beneficiarie svolgono un tirocinio formativo (di 6 mesi) a seconda delle attitudini espresse, finalizzato al rafforzamento e all’acquisizione di nuove competenze funzionali all’inserimento nel mercato del lavoro. «Tutte – continua la Murtas – sono impegnate in tirocini nell’ambito dei settori della ristorazione e dell’estetica; viene portata avanti anche un’azione di supporto per le attività ludico-ricreative dei minori e l’accompagnamento nell’inserimento abitativo, in cui non mancano le difficoltà perché il mercato immobiliare richiede delle garanzie che loro non sono in grado di dare». Inoltre, «una delle beneficiarie è stata inserita nel progetto Caritas “Reti di famiglie”, nell’ambito del quale viene affiancata da una famiglia, con l’obiettivo di aiutarla ad allargare la sua rete di relazioni».

Maria Chiara Cugusi – servizio comunicazione Caritas

(articolo pubblicato su Il Portico, settimanale diocesano di Cagliari, n. 8 anno XVIII, 28 febbraio 2021)